giovedì 4 febbraio 2016

[Breve racconto] Giù per il tubo

Non so che giorno è oggi.
La tv, ronzante, è ferma da ore su un canale non disponibile, gli infiniti puntini bianchi sul nero mi paiono stelle di un firmamento mai esistito.
Non ho la voglia nè la forza di alzarmi a spegnerla.
Ho freddo, la casa è uno schifo, da quando se n'è andata Lei.
I piatti impilati nel lavello sono ormai una torre ricoperta di una sostanza viscosa verdognola, il puzzo proveniente quasi da ognuna delle due stanze del mio bilocale è tollerabile al mio olfatto unicamente per la forza di abitudine.
Mi trema ogni lembo della pelle, la mia tuta da lavoro è lorda al punto da sembrare il costume di un Arlecchino malato.


Plic. Plic. Plic.
Lo snervante sgocciolio dell'acqua piovana proveniente dalle tubature mi da il colpo di grazia.
Emetto un rombo malsano, digrignando i denti per la fatica che mi fa anche solo alzarmi da questo fottuto divano. Tasto la tasca anteriore della mia salopette blu, ne estraggo un pacchetto da cui prelevo la sigaretta che mi accendo con pacatezza: so cosa fare.

Indosso i miei guanti migliori, quelli bianchi, quelli che tanto piacevano a Lei, così come il berretto con la mia iniziale che m'aveva ricamato con le sue candide manine da principessa.
Spengo l'ennesima sigaretta in una pozzanghera, l'ultima, mi dico. Osservo il foro nel cemento, inspiro ed entro nelle fogne.

L'aria fetida è il minimo, giacchè la sensazione di lordura è quella che realmente fa ammattire le persone qua sotto. Un ratto malaticcio dagli occhi cremisi mi passa fra le gambe. Per fortuna non devo fare tanta strada, penso. Dopo tre vicoli e un salto oltre al fiumiciattolo d'acqua marroncina e sono già arrivato.
Sono davanti all'arco in pietra, sotto il quale sono radunate i luridi giacigli della feccia della città che qui si raduna. Non guardo in faccia nessuna delle ombre deformi che barcollano in questa improvvisata baraccopoli di cartoni, teloni e fuocherelli malsani e punto dritto verso la mia meta.

Il colloquio è breve, mi chiede se ho i soldi, non appena glieli metto in mano inarca un sopracciglio soddisfatto, poi con un ghigno mi chiede se sono sicuro di quel che faccio.
Annuisco spazientito. Forse questo verme non ha capito con chi ha a che fare: un disperato.
Mi indica un angolo in cui iniziare il mio "viaggio".
Seduto su un cartone umidiccio, ignorando il lamentoso coro di appestati attorno a me, mi concentro sul mio obbiettivo: imbastisco il necessario, preparo la dose, eccedendo per non far l'errore di tornare, picchietto sulla siringa e mi inietto il suo distruttivo contenuto...
Mia adorata, sto arrivando, ti raggiungo, finalmente, oh, mia dolce Peach.
Le lacrime scorrono mentre socchiudo gli occhi mentre la droga inizia a fare effetto.

Blup! Sono fuori dal tubo! Wow! Quanti cespugli e quante nuvole colorate! Ma...Ma...cosa sono quei buffi mattoncini?! Oh! Oh oh oh! I miei baffi! I miei guanti! La mia tuta! C'è tutto! Ci sono! Ce la posso fare, ehi, il castello è in lontananza, arrivo, Peach! Hop! Arrivo, tesoro mio! Hop! Saltiamo sul macaco! Hop! E ora sulla tartaruga! Hop! Testata al muretto! OH! UN FUNGHETTO! MIO! MIO! MIO DIO, CHE SUONO STRANO, HAHAHAHA!














- 1 UP! -







Da ragazzino non lo ricordavo così inquietante, Super Mario Bros.

It's-a-me, Mario!


IronLionZion

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