Non so che giorno è oggi.
La tv, ronzante, è ferma da ore su un
canale non disponibile, gli infiniti puntini bianchi sul nero mi
paiono stelle di un firmamento mai esistito.
Non ho la voglia nè la forza di
alzarmi a spegnerla.
Ho freddo, la casa è uno schifo, da
quando se n'è andata Lei.
I piatti impilati nel lavello sono
ormai una torre ricoperta di una sostanza viscosa verdognola, il
puzzo proveniente quasi da ognuna delle due stanze del mio bilocale è
tollerabile al mio olfatto unicamente per la forza di abitudine.
Mi trema ogni lembo della pelle, la mia
tuta da lavoro è lorda al punto da sembrare il costume di un
Arlecchino malato.
Plic. Plic. Plic.
Lo snervante sgocciolio dell'acqua
piovana proveniente dalle tubature mi da il colpo di grazia.
Emetto un rombo malsano, digrignando i
denti per la fatica che mi fa anche solo alzarmi da questo fottuto
divano. Tasto la tasca anteriore della mia salopette blu, ne estraggo
un pacchetto da cui prelevo la sigaretta che mi accendo con
pacatezza: so cosa fare.
Indosso i miei guanti migliori, quelli
bianchi, quelli che tanto piacevano a Lei, così come il berretto con
la mia iniziale che m'aveva ricamato con le sue candide manine da
principessa.
Spengo l'ennesima sigaretta in una
pozzanghera, l'ultima, mi dico. Osservo il foro nel cemento, inspiro
ed entro nelle fogne.
L'aria fetida è il minimo, giacchè la
sensazione di lordura è quella che realmente fa ammattire le persone
qua sotto. Un ratto malaticcio dagli occhi cremisi mi passa fra le
gambe. Per fortuna non devo fare tanta strada, penso. Dopo tre vicoli
e un salto oltre al fiumiciattolo d'acqua marroncina e sono già
arrivato.
Sono davanti all'arco in pietra, sotto il quale sono radunate i luridi giacigli della feccia della città che qui si raduna. Non guardo in faccia nessuna delle ombre deformi che barcollano in questa improvvisata baraccopoli di cartoni, teloni e fuocherelli malsani e punto dritto verso la mia meta.
Sono davanti all'arco in pietra, sotto il quale sono radunate i luridi giacigli della feccia della città che qui si raduna. Non guardo in faccia nessuna delle ombre deformi che barcollano in questa improvvisata baraccopoli di cartoni, teloni e fuocherelli malsani e punto dritto verso la mia meta.
Il colloquio è breve, mi chiede se ho i soldi, non appena glieli metto in mano inarca un sopracciglio soddisfatto, poi con un ghigno mi chiede se sono sicuro di quel che faccio.
Annuisco spazientito. Forse questo
verme non ha capito con chi ha a che fare: un disperato.
Mi indica un angolo in cui iniziare il
mio "viaggio".
Seduto su un cartone umidiccio, ignorando il lamentoso coro di appestati attorno a me, mi concentro sul mio obbiettivo: imbastisco il necessario, preparo la dose, eccedendo per non far l'errore di tornare, picchietto sulla siringa e mi inietto il suo distruttivo contenuto...
Seduto su un cartone umidiccio, ignorando il lamentoso coro di appestati attorno a me, mi concentro sul mio obbiettivo: imbastisco il necessario, preparo la dose, eccedendo per non far l'errore di tornare, picchietto sulla siringa e mi inietto il suo distruttivo contenuto...
Mia adorata, sto arrivando, ti
raggiungo, finalmente, oh, mia dolce Peach.
Le lacrime scorrono mentre socchiudo gli occhi mentre la droga inizia a fare effetto.
Le lacrime scorrono mentre socchiudo gli occhi mentre la droga inizia a fare effetto.
Blup! Sono fuori dal tubo! Wow! Quanti
cespugli e quante nuvole colorate! Ma...Ma...cosa sono quei buffi
mattoncini?! Oh! Oh oh oh! I miei baffi! I miei guanti! La mia tuta!
C'è tutto! Ci sono! Ce la posso fare, ehi, il castello è in
lontananza, arrivo, Peach! Hop! Arrivo, tesoro mio! Hop! Saltiamo sul
macaco! Hop! E ora sulla tartaruga! Hop! Testata al muretto! OH! UN
FUNGHETTO! MIO! MIO! MIO DIO, CHE SUONO STRANO, HAHAHAHA!
- 1 UP! -
Da ragazzino non lo ricordavo così
inquietante, Super Mario Bros.
It's-a-me, Mario!
IronLionZion
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